La Basilica
5.2 Pietre e Mattoni: una passeggiata archeologica
Domenica 22 dicembre 2014, in compagnia del giovane ma “robusto” archeologo pavese Mauro Manfrinato, abbiamo fatto una sorta di “passeggiata archeologica” dentro e fuori la nostra amata chiesa di Santa Maria in Calvenzano. Fra pietra e mattone, a caccia delle successive fasi costruttive della basilica, sono emersi molti rilievi interessanti. Certo non si tratta in tutti i casi di osservazioni inedite, quanto piuttosto di riattualizzazioni di rilievi condotti durante le due campagne di restauro del Novecento, quella dei primi anni Settanta e quella, più radicale, che dal 1995 in avanti ha tenuto chiusa per quattro anni la parrocchia fino alla riconsacrazione nel settembre '99. Tuttavia, fare divulgazione storico culturale è anche riattualizzare, e perciò proponiamo ai navigatori di “In Agro Calventiano” alcuni spunti di riflessione.
IL PORTICATO ESISTEVA
Molto si è discusso sull'esistenza o meno, in tempi non vicinissimi a noi, di un portico, un pronao, posizionato in continuità con la facciata della basilica, sporgendo per un numero imprecisato di metri sull'area dell'attuale sagrato. Qualcosa di simile a quanto si osserva a Chiaravalle Milanese. Gli indizi a favore dell'esistenza di una simile struttura (certamente non romanica ma posteriore) in Calvenzano sono diversi ma uno più di tutti si segnala: la manifesta visibilità, nel corpo della facciata, degli arconi “di attacco”, per così dire, del corpo porticato in questione. I sesti tondi così grandi, in una facciata a capanna di dimensioni tutto sommato modeste, che senso avrebbero se fossero puramente decorativi? L'archeologo da noi interpellato propende decisamente per l'esistenza del nartece. Un primo manifesto indizio è dato dal fatto che i mattoni delle arcate non sono in linea con la “fase” strutturale della navata. Detto in parole povere, appaiono una “cicatrice” rispetto al liscio del laterizio. Come appunto se qualche cosa fosse stata “buttata giù”. Già, ma come è che nello scavare sotto il sagrato non si è trovato un solo coccio di questo porticato antico? Manfrinato ritiene che i “pezzi” non si siano trovati perchè il sagrato ai tempi dei cluniacensi era alto come l'attuale; poi è stato sbancato fra Otto e Novecento (portando quindi via i “pezzi” del pronao abbattuto) quindi ancora rialzato al livello attuale che, per pura coincidenza, è esattamente quello medievale.
L'ABSIDE ERA MENO ALTA
Spostandosi all'opposto capo della basilica, cioè all'abside, il nostro ospite (storico locale, collaboratore di Italia Nostra ed autore del volume “Edilizia storica melegnanese”, edito nel 2012), ritiene palese che questo sia attualmente ribassato rispetto al livello originario, cioè a come sarebbe potuto apparire ad un osservatore vizzolese del Medioevo. E' evidente l'impossibilità estetica di fondazioni absidali così irregolari come quelle che oggi appaiono uscire dalla terra. La pietra che sostiene l'abside di Calvenzano (in larga parte proveniente da strutture romane preesistenti, massimamente sarcofagi) ha una struttura “dentata”, ondivaga, manifestamente inattendibile in un edificio che si cominciava a costruire, mettendoci quindi più cura, dall'abside. La conclusione è che ai tempi in cui i monaci di Cluny abitavano Calvenzano, il livello absidale era molto più lineare e iniziava circa 30 cm sopra l'attuale, dove si scorgono masse lapidee piatte e ben lavorate.
IL “MISTERO” DELLE COLONNE RIUTILIZZATE. O NO ?
Ad un attento osservatore degli interni della basilica non può sfuggire un particolare: che almeno sei colonne della navata N, quella di sinistra per chi entra, presentano delle fondazioni in pietra di uguale lavorazione e tipologia secondo il seg ente schema:
ABSIDE
1
2
N 3 S
4
5 6
INGRESSO
Si tratta di basi lapidee alte meno di mezzo metro, distinguibili per il caratteristico “rostro” ai due lati, che sostengono una struttura cilindrica di (prevalente ma non esclusiva) fattura in laterizio romanico. Le colonne sembrano anche “segate” e intervallate a dischi successivi alla massa di laterizio, forse per rafforzarla. Si potrebbe trattare delle colonne della prima chiesa di Santa Maria, quella cioè che i tre feudatari melegnanesi “tenebant ex longo tempore”, quando attorno al 1095 donarono il sito all'ordine cluniacense, e che oggi è sepolta sotto il pavimento moderno, invisibile a visitatori e parrocchiani? Lo studioso da noi interpellato raccomanda prudenza. L'inserimento degli elementi in pietra nella navata N appare in linea generale “in fase” con il mattone medievale. Il che significa: è estremamente improbabile che le colonne siano state inserite molto dopo, forse per contraffortare il muro portante, perchè in questo caso chi avrebbe messo in atto l'operazione si sarebbe preso la briga di ricostruire la muratura romanica con gli stessi precisi attacchi alla nervatura colonnare. Ed in “opus spicatum” per giunta! Da qui a dire però che i piedini” siano “la vecchia chiesa” riemersa, ce ne passa. E' più probabile che si tratti di lavorazioni lapidee commissionate apposta per essere intervallate al laterizio e rafforzarlo; nel XII secolo però, non cavandole dalla terra di un Medioevo ancora più fitto.
Emanuele Dolcini
La Basilica
Questa chiesa è stata costruita nel Medio Evo, al termine dell’XI secolo, da monaci appartenenti all'ordine benedettino riformato di Cluny. Ma ciò che noi attualmente vediamo copre altre due chiese che sono state costruite prima.
In questo luogo c’era una piccola cappella detta “cella memoriae”, che ricordava il luogo della morte o la tomba di un martire: è stata scoperta nel corso degli scavi effettuati dal 1994 al 1996, ed è datata, secondo gli studiosi, IV secolo. E’ stata ritrovata una piccola chiesa che era orientata a ovest, e non a est, come tutte le chiese a partire dal VI secolo, e come era già in uso nella Chiesa d’Oriente.
Nel corso dell’XI secolo, sulla precedente “cella memoriae”, è stata costruita un’altra piccola chiesa, ma con l’abside a est. Questa, che è stata dedicata a Santa Maria, apparteneva, con i territori circostanti, a dei vassalli dell’Arcivescovo di Milano; è stato ritrovato il documento che attesta la donazione della Chiesa di Santa Maria all’Abbazia di Cluny. I monaci arrivano e decidono di costruire una chiesa per la loro comunità.
I monaci di Cluny consacravano la loro vita unicamente alla preghiera; non lavoravano, perché le donazioni permettevano loro di far lavorare dei servi. Occorreva una chiesa degna del culto lungo tutta la giornata.
Cominciarono dall’abside e continuarono con le navate, fino a coprire completamente la seconda chiesa, quella di Santa Maria, che già aveva coperto la “cella memoriae”.
Adesso parliamo di questa chiesa cluniacense, quella che noi vediamo oggi. Essa è in stile romanico, con tre navate e una serie di pilastri alternati, forti e deboli.
Due caratteristiche di questa chiesa: le pietre, utilizzate nella costruzione in mattoni, dette di “reimpiego”, una sorta di riciclaggio dei tempi antichi; l’”opus spicatum”, cioè la disposizione dei mattoni, posati “a spina pesce”. Anche quest’ultima tecnica serve, non solo a decorare, ma anche a riutilizzare differenti tipi di mattoni, provenienti da costruzioni precedenti o da crolli.
Da osservare in loco sono due cicli di immagini: il portale e l’affresco dell’abside.
1. Che cos’è una “basilica”?
L'attuale parrocchia di Santa Maria in Calvenzano é denominata "basilica" (dal greco "basiliché", luogo ampio, spazio comune) per tradizione e appellativo popolare più che per diritto canonico. Non esiste infatti un atto scritto, emanato da pontefici o dalla sede vaticana, che conferisca alla chiesa di Vizzolo Predabissi il titolo ufficiale di "basilica". Titolo di cui si fregia legittimamente, invece, la vicina prepositurale della Natività di San Giovanni Battista in Melegnano, che é stata elevata al rango di "basilica minore romana" nel 1992 dal papa Karol Woytyla, Giovanni Paolo II, e poi "chiesa giubilare della diocesi di Milano" in occasione del Giubileo proclamato nell'Anno Santo 2000. Il termine "basilica" in Calvenzano riecheggia soprattutto elementi architettonici, cioè la concezione dello spazio sacro e liturgico. E'noto infatti che l'arte paleocristiana, nel cristianesimo delle origini, attorno al IV secolo, emanato l'Editto di Costantino e Licinio del 313 d.C. (libertà di culto cristiano nell'Impero) prese la via di due differenti e complementari organizzazioni dello spazio monumentale. La prima é la pianta longitudinale a navate parallele (da tre a cinque); l'altra quella centrale che a sua volta può articolarsi in poligonale, circolare, cruciforme o altro motivo centripeto. Spesso l'edificio a pianta centrale integra il poligonale in funzione di battistero, mausoleo o "sacellum", luogo di culto, di un martire. Peraltro la stessa pianta "basilicale" deriva da forme architettoniche già esistenti prima dell'Editto costantiniano, all'interno della religione romana (pagana) tradizionale. L'organizzazione della chiesa come "basilica" sviluppata in profondità riemerge dopo il lunghissimo travaglio dell'Alto Medioevo (sec.V-X) come stile "romanico", che é appunto quello di Santa Maria in Calvenzano. Il "romanico" intendeva autodefinirsi come continuità rispetto al "romano", e in alcune lingue europee come il francese moderno la differenza é così limitata (romain/roman) da provocare confusioni nella parlata.
Eppure certamente il romanico non é una pura riedizione dell'arte paleocristiana. Essenzialmente se ne distingue per una sostituzione dello "spazio di massa e ombra/luce" allo "spazio di superficie lineare" delle basiliche del IV secolo come Santa Maria Maggiore (longitudinale) o Santa Costanza (circolare) in Roma. E' stato giustamente detto che "il romanico sta al romano come il volgare al latino". Infine c'é da osservare una cosa su questo antico modo di chiamare la nostra chiesa. Non va dimenticato che, a prescindere dagli attestati ufficiali, "basilica" é, nella parlata popolare dall'Alto Medioevo in poi, "chiesa di comunità piccole, che non siano plebes cioé capoluogo di "pagi" [villaggi rurali]" [ In "Dizionario dei nomi geografici italiani", ediz.Tea]. Edifatti esistono, in ambito lombardo-padano, diverse località decisamente extraurbane chiamate "baselga" o "basélica". Come Calvenzano.
Emanuele Dolcini
3. Quando è stata costruita?
Fino alla campagna di restauri conclusa nel 1999 con la riconsacrazione della parrocchia di Santa Maria, si supponeva che il complesso edificato di Calvenzano fosse più antico, e questo per una ragione logica di interpretazione. Il documento del vescovo milanese Anselmo, che permette ai laici di Melegnano di donare il bene di Calvenzano alla "ecclesia" cluniacense, menziona infatti quale soggetto del lascito una chiesa che i tre (Arialdo, Lanfranco ed Atone o Ottone) "tenebant longo tempore". Cioè amministravano da lungo tempo. Poiché non si sapeva dell'esistenza delle due chiese interrate e riportate alla luce dagli scavi, si doveva per forza supporre che l'edificio esistente "da lungo tempo" fosse quello che ancora oggi in gran parte è visibile. Quindi Anselmo (III o IV) avrebbe avallato il passaggio a Cluny, ma la chiesa c'era già, piuttosto simile a quella che vediamo. Il "tempus longus" veniva poi disteso nell'ordine di qualche decennio. Ciò spiega perché in alcuni testi circoli ancora una data attorno al 1040 per porre l'inizio del cantiere costruttivo romanico (1). Ma tale ipotesi si scontra con due fatti. Innanzitutto, una datazione al 1040 circa farebbe della nostra basilica un monumento, più che romanico, preromanico. Comunque sul limite alto del romanico, con l'obbligo di spiegare perché proprio qui, a Calvenzano, si fosse messa mano a un cantiere pressochè contemporaneo a quelli delle basiliche ambrosiane di Sant'Ambrogio, San Celso e San Nazaro. La campagna archeologica degli anni Novanta ha "aggiustato le cose". La chiesa amministrata da lungo tempo è la prima delle due sotterranee: quella absidata a E, riferibile ad un arco temporale fra X e XI secolo. La chiesa nelle sue forme attuali prende avvio invece dalla zona absidale, con una concezione artistica collocata nel pieno romanico lombardo.
NOTA
1) Cfr: Guida Touring Club Italiano, Lombardia, ediz. 2000 e seguenti. Per la chiesa
di Calvenzano è indicata la possibile data del 1037.