2. Perché è stata costruita?
L'attuale edificio corrispondente di Santa Maria in Calvenzano cominciò L'anno della prima Crociata. E fino al 1544 monastero rimase. Ma per i primi decenni la comunità monastica sicuramente si servì di un'altra chiesa, preesistente, che fu donata a Cluny con il documento da cui prende avvio l'intera storia del monastero. Si tratta di un atto di un vescovo di Milano, chiamato "Anselmus", con il quale si approva la donazione, da parte di privati diremmo noi, di una chiesa con pertinenze e diritti di decima all'ordine di Cluny: "Anselmus (...) sanctae mediolanensis ecclesiae archiepiscopus... notum fieri volumus quod (...) nos concessimus (...) Sanctae Mariae ecclesiam de Calvenzano (...) in perpetuum adipisci potuerit Sanctae Cluniacensi ecclesiae" (1).
Il testo, che qui abbiamo un pò "rimontato" per coglierne il senso portante, è scritto in un latino fortemente intriso di volgare ma nei tratti fondamentali è chiaro: un arcivescovo milanese chiamato "Anselmo" permette che grazie all'impulso di alcuni laici una chiesa che essi amministravano [ o forse direttamente possedevano ?] possa "adipiscere in perpetuum", aderire senza limiti di tempo, alla "chiesa" [ecclesia] di Cluny.
Si è discusso su quale Anselmo sia l'arcivescovo che avalla il lascito (2), anche se molti indizi propendono per Anselmo III "dè Capitanei di Rho", sulla cattedra ambrosiana dal 1086 al 1093. Ugualmente intricata è la disputa sull'origine "milanese" o "lodigiana" del cenobio di Calvenzano; questa ambiguità, del resto, di un'abbazia di Calvenzano o "Caravanzano" in diocesi di Lodi si trascina fino alla soppressione del convento stesso, all'epoca di San Carlo Borromeo (3).
Quel che é certo è che più o meno alla fine dell'XI secolo tre personaggi laici legati fra loro da legami di parentela, tutti tre "de Melegnano" [ di Melegnano ] donano con il nulla osta del vescovo non un terreno per costruire una chiesa, ma una chiesa ai monaci dell'ordine di Cluny. Interessante è notare che i tre laici, probabilmente uomini di fiducia della Curia di Anselmo, si dice che "tenebant longo tempore ex nostra ecclesiam" l'edificio donato a Cluny: cioé che erano "commendatarii" di Calvenzano da molto tempo per conto dell'arciepiscopato milanese.
Quindi "Arialdo, Lanfranco ed Atone de Melegnano", questi i loro nomi, chiamano i benedettini di Cluny ad officiare quella che oggi è la prima delle due chiese interrate sotto la parrocchia. Il loro atto di consegna di una chiesa rurale o semirurale ad un ordine regolare potrebbe inserirsi in quel fenomeno che porta fra XI e XII secolo alla nascita del comune e all'inurbamento delle popolazioni agricole, con la conseguente fine del preesistente ordine feudale-curtense.
Arialdo, Lanfranco ed Atone forse vanno a Milano, vi si trasferiscono o comunque là spostano il baricentro della loro professione, e ciò lascia scoperto il problema della conduzione della "chiesa di pagus" decentrata di Calvenzano.
Chiamare i cluniacensi per "fare" cosa? Questa domanda può e deve essere riformulata alla luce della mentalità medievale. Sicuramente la nascita della deduzione cluniacense di Santa Maria rappresenta un episodio della cosiddetta "primavera cluniacense" italiana, o meglio lombarda, che portò fra il 1068 e il 1107 a fondare ottanta fra "priorati" e "cellae" dell'ordine che allora esisteva da due secoli circa, essendo nato in Borgogna nel 910 d.C.
Per quanto riguarda i "compiti" del benedettino cluniacense, è assodato che la spiritualità di Cluny apparteneva a una sfera che noi definiremmo "contemplativa".
Occorre essere estremamente prudenti quindi nell'immaginare un fervore di attività pratiche incessanti attorno al nostro cenobio. E' più probabile che invece, protagoniste fossero le attività liturgiche.
Il testo, che qui abbiamo un pò "rimontato" per coglierne il senso portante, è scritto in un latino fortemente intriso di volgare ma nei tratti fondamentali è chiaro: un arcivescovo milanese chiamato "Anselmo" permette che grazie all'impulso di alcuni laici una chiesa che essi amministravano [ o forse direttamente possedevano ?] possa "adipiscere in perpetuum", aderire senza limiti di tempo, alla "chiesa" [ecclesia] di Cluny.

Quel che é certo è che più o meno alla fine dell'XI secolo tre personaggi laici legati fra loro da legami di parentela, tutti tre "de Melegnano" [ di Melegnano ] donano con il nulla osta del vescovo non un terreno per costruire una chiesa, ma una chiesa ai monaci dell'ordine di Cluny. Interessante è notare che i tre laici, probabilmente uomini di fiducia della Curia di Anselmo, si dice che "tenebant longo tempore ex nostra ecclesiam" l'edificio donato a Cluny: cioé che erano "commendatarii" di Calvenzano da molto tempo per conto dell'arciepiscopato milanese.
Quindi "Arialdo, Lanfranco ed Atone de Melegnano", questi i loro nomi, chiamano i benedettini di Cluny ad officiare quella che oggi è la prima delle due chiese interrate sotto la parrocchia. Il loro atto di consegna di una chiesa rurale o semirurale ad un ordine regolare potrebbe inserirsi in quel fenomeno che porta fra XI e XII secolo alla nascita del comune e all'inurbamento delle popolazioni agricole, con la conseguente fine del preesistente ordine feudale-curtense.
Arialdo, Lanfranco ed Atone forse vanno a Milano, vi si trasferiscono o comunque là spostano il baricentro della loro professione, e ciò lascia scoperto il problema della conduzione della "chiesa di pagus" decentrata di Calvenzano.
Chiamare i cluniacensi per "fare" cosa? Questa domanda può e deve essere riformulata alla luce della mentalità medievale. Sicuramente la nascita della deduzione cluniacense di Santa Maria rappresenta un episodio della cosiddetta "primavera cluniacense" italiana, o meglio lombarda, che portò fra il 1068 e il 1107 a fondare ottanta fra "priorati" e "cellae" dell'ordine che allora esisteva da due secoli circa, essendo nato in Borgogna nel 910 d.C.
Per quanto riguarda i "compiti" del benedettino cluniacense, è assodato che la spiritualità di Cluny apparteneva a una sfera che noi definiremmo "contemplativa".
Occorre essere estremamente prudenti quindi nell'immaginare un fervore di attività pratiche incessanti attorno al nostro cenobio. E' più probabile che invece, protagoniste fossero le attività liturgiche.
1) Il documento di donazione é citato in Cluny in Lombardia, Atti del Convegno, Pontida 1977; in F.Repishti, Il priorato cluniacense di Santa Maria in Calvenzano, p.54; sac. Angelo Zardoni, Santa Maria in Calvenzano, 2000.
2) Anselmo II è vescovo milanese dall'882 all'896, quando l'ordine di Cluny nemmeno esisteva. Anselmo IV da Bovisio, candidato alternativo con maggiori possibilità, va dal 1097 al 1101.
3) La rinuncia definitiva di Lodi all'egemonia fino al corso dell'Addetta [ quindi a nord di Vizzolo ] come sfera di influenza naturale è del 1198. Un secolo quindi dopo il lascito che avvia il priorato di Calvenzano.
4) Su questo tema cfr. gli studi di G.Luzzatto, A.Colombo, C.Violante e altri.
2) Anselmo II è vescovo milanese dall'882 all'896, quando l'ordine di Cluny nemmeno esisteva. Anselmo IV da Bovisio, candidato alternativo con maggiori possibilità, va dal 1097 al 1101.
3) La rinuncia definitiva di Lodi all'egemonia fino al corso dell'Addetta [ quindi a nord di Vizzolo ] come sfera di influenza naturale è del 1198. Un secolo quindi dopo il lascito che avvia il priorato di Calvenzano.
4) Su questo tema cfr. gli studi di G.Luzzatto, A.Colombo, C.Violante e altri.