2. Perché è stata costruita?

L'attuale edificio corrispondente a Santa Maria in Calvenzano cominciò a ospitare una presenza dei monaci di Cluny (i cluniacensi) attorno al 1095 d.C.  L'anno della prima Crociata. E fino al 1544 monastero rimase. Ma per i primi decenni la comunità monastica sicuramente si servì di un'altra chiesa, preesistente, che fu donata a Cluny con il documento da cui prende avvio l'intera storia del monastero. Si tratta di un atto di un vescovo di Milano, chiamato "Anselmus", con il quale si approva la donazione, da parte di privati diremmo noi, di una chiesa con pertinenze e diritti di decima all'ordine di Cluny: "Anselmus (...) sanctae mediolanensis ecclesiae archiepiscopus... notum fieri volumus quod (...) nos concessimus (...) Sanctae Mariae ecclesiam de Calvenzano (...) in perpetuum adipisci potuerit Sanctae Cluniacensi ecclesiae" (1). Il testo, che qui abbiamo un pò "rimontato" per coglierne il senso portante, è scritto in un latino fortemente intriso di volgare ma nei tratti fondamentali è chiaro:  un arcivescovo milanese chiamato "Anselmo" permette che grazie all'impulso di alcuni laici una chiesa che essi amministravano [ o forse direttamente possedevano ?] , assieme a ciò che possa "adipiscere in perpetuum", aderire senza limiti di tempo a a tale possessione, passi alla "chiesa" [ecclesia] di Cluny.


Si è discusso su quale Anselmo sia l'arcivescovo che avalla il lascito (2), anche se molti indizi propendono per Anselmo III "dè Capitanei di Rho", sulla cattedra ambrosiana dal 1086 al 1093.

Ugualmente intricata è la disputa sull'origine "milanese" o "lodigiana" del cenobio di Calvenzano. Ci sono documenti, datati al XII secolo, nei quali è menzionata una cella di Calvenzano obbedienza di un priorato "di San Marco", identificato con la fondazione cluniacense di San Marco in Lodi Vecchio (esiste ancora l'omonima cascina, ma della presenza di Cluny a Laus Pompeia Laude si è persa ogni traccia). "Calvenzano" legato a Lodi Vecchio potrebbe però essere anche la piccola frazione Calvenzano di Caselle Lurani, decisamente in contesto laudense., forse dotata almeno allora di una radiazione monastica di Cluny. Lo storico e ricercatore lodigiano Alessandro Caretta, a lungo presidente della Società Storica lodigiana, in un suo studio del 1967 (3)  ricorda che il testamento del vescovo milanese Ariberto di Intimiano, redatto nel 1034, cita già una serie di località, beni fondiari e territori ubicati con certezza nel contado di Lodi, ma posseduti da enti religiosi milanesi e dalla stessa curia metropolitana di Milano. Tali possessi seguono, in un successivo arco temporale molto esteso, fino al 1198, vicende di "restituzione" a famiglie lodigiane,o viceversa di incorporazione definitiva nella massa fondiaria della curia metropolitana o di potentati economici milanesi. Nel mondo "lodigiano" , dai tempi di Ariberto, sono sicuramente inclusi Calvenzano e Vizzolo. Ma è incerto in quale misura attorno ai benefici di Vizzolo e Calvenzano si siano sviluppate vicende effettivamente "belliche" fra Milano e Lodi, quanto piuttosto giuridiche, legate a clausole che impedissero definitivamente il passaggio dall'una all'altra giurisdizione cittadina

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 Il mondo "lodigiano" dal testamento di Ariberto di Intimiano fino alla metà del XII secolo (da A.Caretta, 1967)

Di sicuro, più o meno alla fine dell'XI secolo tre personaggi laici legati fra loro da legami di parentela, tutti tre "de Melegnano" [ di Melegnano ] donano con il nulla osta del vescovo milanese non un terreno per costruire una chiesa, ma una chiesa ai monaci dell'ordine di Cluny.Interessante è notare che i tre laici, probabilmente uomini di fiducia della Curia di Anselmo, si dice che "tenebant longo tempore ex nostra ecclesiam" l'edificio donato a Cluny: cioé che erano "commendatarii" di Calvenzano da molto tempo per conto dell'arciepiscopato milanese. Quindi "Arialdo, Lanfranco ed Atone de Melegnano", questi i loro nomi, chiamano i  benedettini di Cluny ad officiare quella che oggi è la prima delle due chiese interrate sotto la parrocchia. Il loro atto di consegna di una chiesa rurale o semirurale ad un ordine regolare potrebbe inserirsi (oltre che nel predetto scenario "di confine") in quel fenomeno che porta fra XI e XII secolo alla nascita del comune e alla nascita di una rudimentale borghesia, con il conseguente indebolimento del preesistente ordine feudale-curtense (4). Arialdo, Lanfranco ed Atone forse vanno a Milano [ il documento non è un lascito testamentario ] , vi si trasferiscono o comunque là spostano il baricentro della loro professione, e ciò lascia scoperto il problema della conduzione della "chiesa di pagus" decentrata di Calvenzano. Né si può escludere che il nascente "pericolo lodigiano", con il tentativo egemonico di Laus Pompeia di espandersi fino alla riva sinistra del Lambro, entri nella decisione di cedere la chiesa rurale a un ordine ben strutturato come i cluniscensi.


Chiamare i cluniacensi per "fare" cosa? Questa domanda può e deve essere formulata alla luce della mentalità e senso delle cose medievali. Sicuramente la nascita della deduzione cluniacense di Santa Maria rappresenta un episodio della cosiddetta "primavera cluniacense" italiana, o meglio lombarda, che portò fra il 1068 e il 1107 a fondare ottanta fra "priorati" e "cellae" dell'ordine che allora esisteva da due secoli circa, essendo  nato in Borgogna nel 910 d.C. Per quanto riguarda i "compiti" del benedettino cluniacense (la Regola), è assodato che la spiritualità di Cluny apparteneva a una sfera che noi definiremmo "contemplativa". Occorre essere estremamente prudenti quindi nell'immaginare un fervore di attività pratiche incessanti attorno al nostro cenobio. E' più probabile che invece, protagoniste fossero le attività liturgiche.

1) Il documento di donazione é citato in Cluny in Lombardia, Atti del Convegno, Pontida 1977; in F.Repishti, Il priorato cluniacense di Santa Maria in Calvenzano, p.54; sac. Angelo Zardoni, Santa Maria in Calvenzano, 2000.
2) Anselmo II è vescovo milanese dall'882 all'896, quando l'ordine di Cluny nemmeno esisteva. Anselmo IV da Bovisio, candidato alternativo con maggiori possibilità, va dal 1097 al 1101.
3) La rinuncia definitiva di Lodi all'egemonia fino al corso dell'Addetta [ quindi a nord di Vizzolo ] come sfera di influenza naturale è del 1198. Un secolo quindi dopo il lascito che avvia il priorato di Calvenzano.
4) Interessante, nel contesto di questa "guerra legale" quanto menzionato proprio dal Caretta, Op.cit., p.69: nel 1111, a seguito della distruzione di Laus (Lodi Vecchio) portata a termine dai milanesi, il Trattato di pace imponeva ai possidenti lodigiani di non poter vendere alcun bene fondiario senza il controllo e l'autorizzazione ambrosiana. La chiesa lodigiana, allora, rispose con una norma speculare: limitatamente alle terre ecclesiastiche, si dava l'ordine non vendat ad homine de Mediolano vel de eius comitatu.  
5) Su questo tema cfr. gli studi di G.Luzzatto, A.Colombo, C.Violante e altri.