4.a. L'Affresco della Basilica: influssi bizantini?

4.a.1 La tecnica dell'affresco

Affresco è un termine che deriva dall'espressione "a fresco" e fa riferimento alla pittura murale: si tratta di un opera dipinta, appunto, su una superficie ancora "fresca", umida di calce e sabbia con colori di costituzione terrosa, in modo rapido e in ogni caso prima che la superficie preparata sia seccata. La caratteristica dell'affresco infatti è data dalla reazione chimica che avviene tra la calce spenta, 

presente nell'intonaco, e l'anidride carbonica dell'atmosfera: da tale reazione si origina una pellicola di carbonato di calcio che esplica la funzione di legante fissando stabilmente i colori.
La pittura murale si può ritenere antica quanto l'architettura. Nelle antiche civiltà mediterranee, si adoperarono sistemi di pittura sul muro ancora umido, sebbene i metodi di preparazione del muro stesso sembrano diversi da quelli adottati poi nella pratica dell'affresco vera e propria. Incerta per la perdita di esempi, è la situazione per quanto riguarda la Grecia.

 

I procedimenti tecnici rilevati dagli sui resti più antichi si possono ricondurre a due pratiche principali: stuccare le congiunzioni delle pietre ed ogni irregolarità che potesse nuocere alla continuità delle tinte, quindi stendere un fondo regolare di calce per accogliere il disegno improvvisato sulla parete o, come si è notato in qualche pittura egiziana, reticolato da un modello preparato.
Una tecnica che non consente sbagli.
Questa difficile tecnica artistica com'è comprensibile, non consente molti ripensamenti: qualsiasi pennellata di colore viene istantaneamente assorbita dall’intonaco e non esiste “gomma da cancellare” che tenga. Un’altra difficoltà sta nel capire la reale tonalità del colore: sull’intonaco bagnato, infatti, i colori sono più scuri, e sbiancheranno una volta asciutti. In più un affresco va dipinto velocemente perché nel giro di tre ore circa, a seconda delle condizioni climatiche, l’intonaco è già troppo asciutto per poter continuare a lavorare.
Per aggirare questi problemi, l’artista procederà per piccole parti di affresco, chiamate “giornate”: queste porzioni coincidono con una giornata di lavoro del pittore che dovrà fare in modo di nascondere al meglio le giunzioni, facendo spesso corrispondere le giornate ai bordi di una figura o al profilo di una collina. Le correzioni certo si possono sempre fare, ma solo con colori stesi sull’intonaco asciutto che saranno più facilmente degradabili nel corso degli anni.

4.a.3 I colori

Accenniamo brevemente ai colori con particolare attenzione alla loro datazione. E' ovvio che se un colore è presente su di un opera, questa non può essere antecedente all'invenzione ed, in relazione alla zona di produzione del manufatto, all'uso di quel colore.
I nostri progenitori cavernicoli utilizzarono, oltre 10.000 anni fa, per decorare le caverne: il nero, ottenuto dal legno bruciato, il bianco dal gesso, il giallo dalle ossa, ed i bruni dalle terre. Gli Egizi, grazie a strumenti di bronzo, ricavarono da rocce polveri fini da impastare per ottenere i loro colori: il verde dalla malachite, il cinabro dall'omonimo minerale, l'arancio-bronzeo dal relgàr (minerale di solfurodi arsenico), dall'azzurrite il blu ed il giallo dall'orpimento ( minerale di trisolfuro di arsenico). Ottennero anche altri due colori, il blu malto utilizzato solo sino al settecento dopo Cristo, ed il bianco di piombo, detto comunemente biacca; oggi in disuso perché velenoso. Questi ultimi si fabbricavano polverizzando gli smalti ottenuti per cottura nel forno del ceramista. La biacca soppiantò il gesso e fu utilizzata in maniera esclusiva sino al 1830, quando si scoprì il bianco di zinco, e poi nel 1916 quello di titanio.

I Romani scoprirono il porpora, ottenuto da un mollusco il buccino, il blu indaco, colore vegetale dalle piante indigofere; ma soprattutto il verde-rame dall'ossidazione di questo metallo. 
Con il Duecento assistiamo a reali progressi, con l'introduzione del vermiglione, una qualità di rosso brillante (minerale di solfuro di mercurio), e del blu oltremare, ottenuto con la macinazione del Lapislazzuli; per l'appunto dal contrasto di questi due colori scaturisce molta ricchezza dei dipinti medioevali. Dai vetrai si derivò un'altra polvere macinata il giallorino; e dai tintori il rosso, ricavato dal rizomi della pianta robbia.

4.a.4 La sequenza dei dodici personaggi

Sotto la scena principale si trova una sequenza di dodici personaggi, di cui dieci tengono in mano dei cartigli (grosse pergamene scritte che potrebbero riportare ad un’usanza medievale. In occasione di feste religiose venivano rappresentati sulle piazze, davanti alle Chiese, i “Misteri”, cioè sacre rappresentazioni, precedute da una sfilata di Profeti che tenevano in mano cartelli con frasi riferite a sè stessi, attinenti alla scena che poi si sarebbe rappresentata).
I personaggi rappresentati sono profeti e figure importanti dell’Antico Testamento; possiamo tentare di identificarli leggendo le frasi scritte sui cartigli o nell’unico caso in cui non ci sia interpretando alcune sue caratteristiche. La frase sul cartiglio è scritta in latino, ma verrà riportata tradotta in Italiano.
Da sinistra:

  • Il profeta Isaia. “Ecco il signore Dio mi assiste: chi mi dichiarerà colpevole?” (Is. 50,9).

    Sembra che la scritta segua lo slancio del suo braccio, come per indicare la scena raffigurata sopra.
  • Il Profeta Geremia. “Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni. E io abiterò con voi in questo luogo” (Ger. 7,3).

Il profeta Aggeo. “Sì, risposero i sacerdoti, sono immonde! Ora riprese Aggeo: Tale è questo popolo, tale è questa nazione davanti a me” (Ag. 2,14)

Per capire queste parole è necessario riprendere la vicenda narrata nel libro del profeta Aggeo: il Signore degli eserciti chiede al profeta di interrogare i Sacerdoti e richiedere loro se uno che è contaminato per il contatto con un cadavere, rende immonde tutte le cose che tocca, come pane, vino, olio, o altro. La risposta dei Sacerdoti è quella che viene riportata nel cartiglio.

Lo sguardo della figura affrescata sembra guardare verso il basso.

  • Il profeta Zaccaria. “Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso” (Zc. ),9). Lo sguardo del profeta è rivolto a Gesù.

Il luogo di cui si parla è il tempio di Gerusalemme; probabilmente i monaci l’hanno attualizzato riferendolo alla Basilica.

Il profeta Geremia porta un copricapo sacerdotale e sembra guardare verso l’assemblea riunita in Chiesa.

  • Il quinto personaggio. Di questa figura ci rimane ben poco che possa farcelo identificare. La distruzione di questa parte di affresco è dovuta all’applicazione della cornice in marmo che ornava il quadro dell’Assunta ( fare un riferimento?)
  • Il profeta Daniele. “Ora tu, Daniele, chiudi queste parole e sigilla questo libro, fino al tempo della fine” (Dn. 12,4)
  • Il profeta Ezechiele. “Ecco io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura, come un pastore passa in rassegna il suo gregge” (Ez. 34,11-12).

Daniele ed Ezechiele sono i personaggi centrali , posti l’uno di fronte all’altro.

  • L’ottavo personaggio. Anche di questo, sempre a causa della cornice, rimane ben poco che permetta di identificarlo.
  • Il profeta Abdia. “Come hai fatto tu, così a te sarà fatto, ciò che hai fatto agli altri ricadrà sul tuo capo” (Abdia 1,15); queste parole richiamano quelle di Gesù “Con la misura con la quale misurate, sarete misurati” (Mt 7,2): forse proprio per questo lo sguardo di Abdia è rivolto al Cristo Giudice che sta nell’affresco, sopra di lui.

Come il quarto profeta, Abdia che è il quart’ultimo porta un copricapo, ma i questo caso è un copricapo penitenziale.

  • Il profeta Michea. “Guai a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli; alla luce dell’alba lo compiono” (Mi 2,1)
  • Mosè, il protagonista dell’Esodo. In questo caso la citazione sul cartiglio è scritta dall’alto in basso, non seguendo il movimento della pergamena, e chi ha scelto la frase non si è riferito a un passo preciso, ma probabilmente si è ispirato a più testi, riassunti così: “Non adorerai altri dei. Io sono il Signore …di tutti…”.