6. Cosa resta del passato?
Ci è arrivata per vie "pavesi", quindi per strade che – va osservato – ancora una volta portano la risposta sul martirio di Boezio più in qualche "Calvenzano" pavese che milanese. Fu il grande vescovo Carlo Bascapè (Melegnano 1550-Novara 1615) a voler premiare la fede dei montanari con un "corpo santo" di simile importanza. Giacomo Bascapè, poi Carlo in nome di San Carlo Borromeo, nacque a Melegnano ma era di famiglia pavese collegata all'omonimo borgo di Bascapé, e studiò a Pavia. Superiore generale dei Barnabiti, nel 1593 fu destinato a guidare la diocesi di Novara che all'epoca era nello Stato milanese, non con i Savoia. Nello stesso anno in cui prese possesso della cattedra di San Gaudenzio, iniziò una visita pastorale del vasto territorio di cui era in cura d'anime: ci mise dieci anni, a dorso di mulo. Arrivò dappertutto e in valle Anzasca, sotto il monte Rosa, anzichè incontrare genti mezze protestanti come temeva (la Svizzera è pur sempre dietro lo spartiacque), trovò invece un cattolicesimo semplice. Magari non rigorosissimo dal punto di vista morale – nei suoi diari di visitatore il Bascapé parla di sacerdoti armati e concubini ... - comunque poco tentato dalle rivoluzioni teologiche.
Ceppo Morelli, parrocchiale di San Giovanni Battista, facciata con pronao
I ceppomorellesi nel 1603 presentarono istanza alla Curia novarese per costituire parrocchia a sé staccandosi dal vicino abitato di Vanzone (che oggi si chiama "San Carlo con Vanzone" ma all'epoca no, non essendo ancora stato canonizzato il Borromeo) e il vescovo li accontentò con la dichiarazione di nuova parrocchia. Furono quindi iniziati i lavori per dotare il paese di una monumentale canonica in granito, che è quella ancora oggi visibile anche se le opere procedettero per fasi successive fino al 1759. Non è facilmente definibile, in realtà, se sia stato esattamente il Bascapè in persona a pensare a una reliquia così "clamorosa", quella del massimo pensatore cristiano del primo Medioevo.
Comunque da lui parte sicuramente l'ideazione di un "controllo delle coscienze", in quelle valli poco raggiungibili che passasse anche attraverso la manifestazione visibile e costante della benedizione. Cioè la reliquia: proprio quella bandita, assieme all'immagine e alla processione, dallo spirito rigorista e minimalista delle confessioni protestanti. Così, una parte del Corpo Santo di Boezio giunse in terre che il nostro filosofo "romanissimo" avrebbe liquidato come tutti i romani antichi – poco amanti delle montagne – come rupes nigrae et altissimae. Naturalmente, la reliquia fu prelevata dalla sepoltura di Boezio a Pavia, nella chiesa di San Pietro in Ciel D'Oro.
Emanuele Dolcini